A Napoli è finito il Comunismo.

03.06.2018

Una breve favola per bambini.

di Alessandro Montano

Era da poco  finito il campionato di calcio di Serie A 1017-1018 che come ogni anno aveva emesso i suoi verdetti, riconfermando per il settimo anno consecutivo la Juventus campione. Erano ormai anni che i borghesi di Torino facevano il bello e il cattivo tempo nella penisola italiana, e addirittura nel campionato precedente, erano arrivati fino a Napoli, con un esercito di 94 milioni di uomini, per rapire lo scudiero Gonzalo Higuain. Si era poi venuto a sapere, che in realtà lo scudiero Gonzalo non era stato poi tanto rapito, ma si era lasciato convincere dal bottino succulento che la "vecchia Signora" di Torino, la moglie del Re dei Piemontesi, gli aveva promesso.

Da quel giorno mai più si sarebbe dovuto nominare per le strade della città partenopea quel nome, altrimenti ci sarebbero stati 7 anni di sfortuna.

Gli unici che erano riusciti almeno a scalfire il predominio della Juventus erano stati proprio i partenopei, che vennero guidati da un signore particolare, chiamato "Chè Guè Sarri". Questo signore non amava vestire in maniera elegante, era un maniaco del suo lavoro, ed inoltre non perdeva occasione per farsi amare dal suo popolo. Con pochi soldi era riuscito a mettere su una bella squadra capace di dare del filo da torcere ai cattivoni bianconeri (all'epoca era, guarda caso, il colore dei galeotti.)

A Napoli non si respirava una simile aria di festa da molti anni, da quando un eroe leggendario, San Diego Armando Maradona, del quale in città si venerano ancora le scarpette lanciate in curva in un Napoli Verona, riuscì a sconfiggere gli odiati Juventini, trafiggendoli con una punizione a due in area di rigore, durante la quale la barriera era anche più vicina del solito (i soliti imbroglioni).

Il "Che Guè Sarri" era stato sempre umile, e i suoi sforzi nella vita lo avevano portato dai campi polverosi dei feudi di provincia, fino ai palazzi Reali europei più importanti.

Aveva fatto sognare un popolo intero, quando nel palazzo del Signor Bernabeu, a Madrid, stava per trafiggere con una stilettata di Insigne l'intera squadra Reale del colonnello francese Zizou Zidane.

E quello appena trascorso sembrava essere davvero l'anno buono per poter strappare lo scettro di Campioni ai perfidi soldati juventini, ma sia a causa della corruzione che all'epoca era frequente, e soprattutto per il fatto che in due battaglie decisive, contro i Gigliati di Firenze, e i Granata di Torino, entrambi acerrimi rivali dei Borghesi Juventini, gli uomini del Chè rimediarono solo 1 misero pareggio, e lo scettro rimase ancora saldamente nelle mani degli odiati nemici.
Il monarca partenopeo ADL infuriato per il finale di campionato, e per la gestione da parte del Chè delle milizie a lui fornite, dichiarò che tutto sommato il secondo posto finale lo aveva raggiunto anche un umile vassallo come Mazzarri, ed effettivamente il Napoli arrivava a "zeru tituli", come avrebbe detto un altro grande condottiero, questa volta portoghese, per il terzo anno consecutivo.

ADL di conseguenza decise che era arrivato il momento in cui sogni dovevano essere riposti nel solito cassetto, l'ultimo dei tre della scrivania, lo stesso dal quale ADL, seduto sul suo trono fatto di rubini e smeraldi, prese carta e penna e fece firmare il contratto da tecnico più pagato della serie A a don Carlo Ancelotti, un capitano di ventura che negli anni aveva fatto le fortune di diversi eserciti, sia italiani che stranieri, sempre dietro lauto compenso.

Queste sono le storie che da anni vengono tramandate da generazioni, da padre in figlio, nei vicoli di una delle città più belle e passionali del mondo. Non sappiamo con certezza se dopo quella scelta la bacheca del Napoli si sia riempita o meno di trofei, sono eventi troppo lontani nel tempo, e dei quali non abbiano nessun documento scritto, anche se alcuni studiosi sostengono che dopo quella annata la squadra partenopea riuscì a vincere il Triplete per 9 anni di fila.

Si narra però, che il Chè venne tenuto prigioniero nelle segrete di Castelvolturno dal Re ADL, e da un contratto di 1.4 milioni di euro, che gli venne puntualmente pagato fino alla fine dei suoi giorni solo per il gusto di non vederlo impartire lezioni di calcio sotto altri vessilli.

Ancora oggi, se passiamo nei pressi del Centro Commerciale di Castlevolturno, che sorge la dove un tempo c'era il campo di addestramento dei soldati del Napoli, si possono sentire ancora le seguenti parole: "Dries io ti ho fatto centravanti e io ti distruggo."

Ma in tutto questo, che fine ha fatto il popolo che inneggiava il suo eroe? Dove sono le migliaia di persone che intonavano "abbiamo un sogno nel cuore, Napoli torna campione" con maglie con la faccia del Chè in dosso? Perchè il popolo non è sceso a difendere il suo beniamino?

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